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L’intervento Con L’autore Di Abuso Sessuale Infantile
- luglio 11, 2016
- Posted by: ggimmyy
- Category: Abusi Sessuali
Durante la valutazione è possibile che emerga una delle seguenti tipologie di autore di abuso sessuale infantile:
· autore con personalità psicopatica o psicotico;
· autore con uno scarso controllo degli impulsi;
· autore che ha un sufficiente autocontrollo o che può sviluppare una maggiore capacità di controllo.
Una distinzione fondamentale – infatti – va fatta tra il pedofilo vero e proprio e l’autore di abuso sessuale infantile in senso lato. Un’ulteriore distinzione va fatta tra l’abuso sessuale infantile extrafamiliare e intrafamiliare. Nella maggior parte dei casi, infatti, si tratta di abuso intrafamiliare.
Si possono distinguere due tipi di abusanti: quelli «regressi» e quelli «fissati». Spesso queste categorie non sono chiaramente distinte, ma questa differenziazione può essere utile per individuare il tipo di trattamento più idoneo. Gli abusanti intrafamiliari sono solitamente identificati come «regressi»: essi intrattengono relazioni sessuali con un membro familiare (solitamente la figlia) per soddisfare i propri bisogni di intimità e affettività. La prognosi di trattamento in questi casi è abbastanza positiva. I pedofili rientrano invece nella categoria dei «fissati» e, in questi casi, la prognosi d trattamento risulta altamente negativa.
Diverse tipologie di trattamento sono state applicate ai casi di autore di abuso sessuale infantile: il trattamento medico-farmacologico, trattamento finalizzato alla modificazione del comportamento (terapia comportamentale, terapia cognitivo-comportamentale) e il trattamento psicoterapeutico.
1. Il trattamento medico-farmacologico
Secondo l’approccio medico-biologico, alla base di comportamenti di abuso e violenza sessuale sarebbero riscontrabili delle anomalie fisiologiche nell’abusante, riguardanti la produzione e il controllo di alcuni ormoni sessuali.
Questo tipo di approccio prevede una serie di trattamenti farmacologici, tra i quali anche la castrazione chimica. In questo tipo di tecnica vengono utilizzati dei farmaci specifici: il Medroxy progesterone acetato e il Ciproterone acetato (CPA); recentemente è stato ipotizzato anche l’utilizzo della triptorelina che agisce come superagonista dell’LHRH.
L’uso del Ciproterone acetato (CPA) come trattamento ormonale antiandrogeno per gli aggressori sessuali è stato introdotto nel 1960 e liberamente impiegato in Europa occidentale e in Canada. Il CPA sembra produrre un effetto significativo sui livelli di testosterone nel plasma, tale da ridurre l’attività sessuale deviante. Anche la somministrazione di Medroxy progesterone acetato sembra avere effetti simili a quelli del Ciproterone.
I soggetti con anomalie sessuali sembrano avere delle alterazioni a carico del sistema ipotalamo-ipofisi-gonadi, per cui la produzione e l’attività del testosterone appare enormemente aumentata. Negli Stati Uniti viene utilizzato il Medrossiprogesterone per ridurre la spinta sessuale nei soggetti che presentano un’iperattività sessuale e un comportamento compulsivo.
Questo tipo di sostanze, comunque, non risultano molto utilizzate a causa della scarsa controllabilità delle ricerche effettuate su di esse e per i diversi problemi che pongono a livello etico e morale. Da un punto di vista etico, infatti, la prescrizione di antiandrogeni deve rispettare i principi che governano la prescrizione degli altri farmaci: indipendenza del prescrittore, rispetto del segreto professionale, consenso libero e informato del paziente, benefici terapeutici che superano gli eventuali rischi.
Oltre a questi problemi di ordine etico di notevole importanza, non bisogna comunque dimenticare che un trattamento esclusivamente farmaco-logico non permette di risolvere il problema, ma – agendo come contenimento sintomatico – solo di sospenderlo temporaneamente. Infatti, i comportamenti sessuali devianti sottendono delle dinamiche psicologiche e sociali complesse che non possono essere trascurate, ma che devono essere affrontate per interrompere questo circolo vizioso.
2.La terapia comportamentale
Secondo questo approccio terapeutico, i sintomi sono esempio di un comportamento appreso in modo disadattivo; scopo del trattamento consiste, quindi, nel modificare i comportamenti inadeguati e nell’assimilare nuovi schemi di comportamento. L’obiettivo primario è l’eliminazione dell’eccitazione sessuale abnorme, attraverso il potenziamento di resistenze agli impulsi sessuali.
Alcune delle tecniche comportamentali più utilizzate sono:
· laterapia avversiva, ispirata ai principi del condizionamento classico, associa delle scariche elettriche all’osservazione di alcune fotografie chemostrano il comportamento da modificare, ottenendo così un condizionamento a una risposta di evitamento. Questa tecnica può essere utilizzata secondo due modalità: il condizionamento associativo e l’evitamento anticipatorio, a seconda che lo stimolo elettrico sia presentato contemporaneamente o meno rispetto allo stimolo;
· ilricondizionamento orgasmico: questa tecnica prevede di separare il piacere e la ricompensa dell’eccitamento sessuale deviante. Il soggetto inizia un’autostimolazione con una sua fantasia, per poi trasformarla, al momento dell’orgasmo, in una più adeguata; in questo modo, il soggetto abusante inizia ad associare le sue fantasie devianti con un impulso sessuale più debole;
· la terapia della vergogna (o Shame Aversion Therapy): prevede che il soggetto attui un comportamento deviante, ad esempio di esibizionismo, davanti a professionisti pronti a ridicolizzarlo e disapprovarlo;
· la Covert Sensitization: prevede che il soggetto immagini un suo comportamento deviante e che a tale fantasia faccia seguito una fantasia di conseguenze negative.
3. La terapia cognitivo-comportamentale
Iprogrammi di intervento tipici della terapia cognitivo-comportamentale si basano sull’idea che i principali precursori motivazionali del comportamento sessuale aggressivo siano rappresentati da una serie di distorsioni cognitive, da un livello di arousal sessuale deviante, dalla perdita di controllo, nonché dallo sviluppo di alcuni disturbi di personalità correlati. Secondo questo approccio, dunque, è necessario creare delle comunità preposte al trattamento post-istituzionale degli abusatori sessuali; la scarsità numerica di strutture all’interno delle quali scontare la pena in libertà condizionata non consente, infatti, di realizzare lunghi programmi trattamentali; pertanto, sono necessari programmi trattamentali piuttosto brevi e specifici. Il trattamento proposto prevede una serie di stadi, in particolare:
· trattamento del livello di arousal sessuale deviante: dopo i colloqui iniziali che prevedono un’intervista per la valutazione della tipologia di personalità dell’autore, il soggetto segue due mesi di trattamento settimanale volto alla riduzione dell’arousal sessuale, attraverso il metodo della sensibilizzazione mascherata. Per raggiungere questo obiettivo, ad esempio, le fantasie sessuali possono essere paragonate ad una scatola di dolci; ma dire al soggetto di non prendere i dolci o dire all’abusante di non lasciarsi coinvolgere in fantasie sessuali devianti, non ha alcun senso rispetto all’estinzione del comportamento; tuttavia, se i dolci assumono un gusto cattivo, allora probabilmente non verranno più presi in considerazione e analogamente, le fantasie sessuali devianti diventano indesiderabili nel momento in cui vengono rese spregevoli. Nel corso del trattamento quindi, si chiede all’autore di descrivere le fantasie sessuali aggressive che lo eccitano e di immaginare delle conseguenze negative particolarmente rilevanti, tali da poter essere utilizzate come fantasie contrapponibili a quelle eccitanti. La maggior parte delle fantasie relative alle conseguenze riguardano gli stessi soggetti e non la vittima; lo scopo della sensibilizzazione nascosta consiste proprio nell’appaiare le fantasie sessuali devianti con stimoli che solo il soggetto vive in modo negativo. Una settimana prima dell’inizio del trattamento di sensibilizzazione nascosta, i partecipanti devono registrare ogni loro fantasia deviante; questo passo viene ripetuto durante tutte le settimane di questa fase del trattamento;
· trattamento delle distorsioni cognitive: un passo fondamentale del trattamento è finalizzato allo sviluppo dell’empatia con la vittima. Inizialmente, i soggetti vedono un film in cui le vittime discutono delle conseguenze che il reato subito ha prodotto nella loro vita; una parte del film prevede un confronto tra vittime e aggressori. In seguito, i partecipanti devono elaborare una lista delle principali conseguenze negative dell’aggressione sessuale sulle vittime; poi ciascuno deve descrivere l’ultimo crimine commesso, ipotizzandone gli effetti sulla vittima e scrivendo una lettera di scuse alla vittima, assumendosi tutta la responsabilità per il fatto commesso. Questo esercizio costituisce un espediente utile per sviluppare la capacità di empatia con la vittima. Successivamente, i partecipanti devono anche scrivere una lettera immaginando che fosse la risposta da parte della vittima;
· trattamento del disturbo del controllo affettivo: si tratta di una fase incentrata sul lavoro e lo sviluppo della capacità di controllare i propri impulsi. L’attenzione viene focalizzata soprattutto sulla rabbia, in quanto la maggior parte degli abusatori hanno problemi nella gestione di questo sentimento e perché questo tipo di trattamento risulta funzionale alla prevenzione della depressione. I partecipanti durante questa fase discutono della capacità di ognuno di gestire la rabbia propria e altrui, nonché della capacità di gestire gli impulsi in genere. Il conduttore chiede ai partecipanti di descrivere le situazioni che suscitavano la rabbia, le persone coinvolte e la modalità di espressione della rabbia. In seguito i soggetti discutono gli aspetti positivi e negativi della rabbia; gli aspetti positivi rappresentano, infatti, l’obiettivo del trattamento finalizzato quindi al controllo della rabbia piuttosto che alla sua repressione. I soggetti dapprima devono monitorare il loro comportamento annotando le emozioni ad esso collegate e, durante la seconda fase, vengono loro descritte le componenti fisiologiche della rabbia; quindi, i soggetti seguono un programma di rilassamento muscolare (oltre ai metodi di gestione cognitiva). Nella terza parte, vengono discusse le competenze comunicative, inclusa la capacità di problem-solving attraverso l’apprendimento e lo sviluppo dell’autocontrollo e delle capacità di ascolto attivo. Un’altra sessione è focalizzata sull’aggressività, sull’assertività e anassertività: i soggetti hanno la possibilità di lavorare in gruppo tramite role-playing;
· prevenzione delle ricadute: l’obiettivo consiste in: 1) individuare situazioni a rischio di recidiva; 2) organizzare e mettere in atto una serie di strategie da utilizzare nelle situazioni di rischio; 3) ristrutturare l’interpretazione degli errori (o fantasie) che secondo il soggetto lo inducono a commettere un nuovo reato; 4) sviluppare strategie in grado di prevenire nuovi comportamenti devianti; 5) modificare lo stile di vita del soggetto per prevenire nuove ricadute. In questa fase viene affrontato il problema della gratificazione immediata dei desideri. I soggetti vengono spronati a individuare una persona a cui poter chiedere aiuto nei momenti di difficoltà; le autobiografie individuali e le richieste di sostegno vengono poi discusse in gruppo negli incontri successivi.
4. 11 trattamento psicoterapeutico
4.1. La terapia analitica individuale e di gruppo
Nonostante la premessa che la terapia analitica richiede delle attitudini specifiche da parte del paziente, numerose sono le esperienze di utilizzo di questo approccio terapeutico, soprattutto nel setting di gruppo.
Anche questo tipo di interventi può essere organizzato in momenti e fasi diverse che prevedono una tipologia di trattamento binaria:
· trattamento di gruppo in cui i partecipanti hanno un tempo per distendersi e per far emergere alla coscienza le proprie immagini, fantasie, rappresentazioni; in cui si chiede ai pazienti di verbalizzare le loro fantasie; alla fine, è prevista una fase in cui si analizzano con i terapeuti i contenuti di queste immagini e i vissuti emersi durante la seduta;
· incontri individuali che hanno lo scopo di fornire uno spazio di riflessione e di elaborazione individuale in cui si riprende ciò che si è provato in gruppo.
È prevista anche una supervisione del gruppo di professionisti che partecipa al lavoro terapeutico.
Per ciò che riguarda la terapia analitica individuale, gli scopi principali che essa si prefigge consistono nel trattare particolari tematiche tra le quali: l’angoscia di base, in particolare quella di castrazione, legata ad una forte difficoltà di separazione-individuazione che porta all’atto perverso, che a sua volta assume la funzione di colmare un vuoto; il diniego della realtà causato da una scissione del funzionamento mentale, che comunque ha il ruolo di salvare l’individuo dall’angoscia di morte.
Di fronte a questi sentimenti di annientamento, il soggetto solitamente mette in moto dei meccanismi particolari per difendersi:
1) l’eccitazione permanente, come metodo semplice per fronteggiare e evitare l’angoscia;
2) la ricerca del doppio, meccanismo relazionale molto primitivo che spiega fenomeni contro-transferali in trattamenti analitici che affrontano aspetti arcaici della personalità; si tratta di un meccanismo che permette di ritornare all’unione fusionale con la propria madre;
3) il narcisismo fallico, per cui la negazione relativa al funzionamento perverso è rivolta alla dimensione genitale della sessualità;
4) la regressione, per cui molti pedofili, ad esempio, evitano il confronto con il proprio Super-Io e con l’ideale dell’Io e confondono la tenerezza con la sessualità;
5) la soluzione sadomasochista, in cui le pulsioni sessuali si fondono con l’aggressività ed attraverso questo meccanismo si realizza un possesso dell’altro per colmare un proprio vuoto.
Tutti questi meccanismi difensivi, regressi e di negazione che connotano rigidamente la struttura del pensiero, nonché l’impostazione relazionale di questi soggetti vengono approfonditamente esplorati e analizzati nel setting di terapia analitica sia individuale che di gruppo.
4.2. La terapia psicodinamica di gruppo
Nei gruppi di terapia psicodinamica si può lavorare su vari argomenti legati all’abuso tra i quali: il reato, la sessualità e le relazioni con le donne, l’infanzia e il proprio vissuto rispetto ad essa, la vittima e i suoi vissuti. In relazione al reato, si parla soprattutto delle conseguenze per l’abusante; a poco a poco, i partecipanti cominciano a divenire più consapevoli dei propri sentimenti rispetto a questo argomento.
Iltema della sessualità riguarda soprattutto il modo in cui i partecipanti al gruppo riescono ad esprimersi: spesso, infatti, queste persone tendono a sessualizzare i sentimenti che non riescono ad esprimere. Inoltre, attraverso il fenomeno del riconoscimento e del rispecchiamento che è alla base del lavoro di gruppo, gli autori riescono ad esprimere i propri vissuti, esaminandoli anche con e attraverso il gruppo.
Il gruppo costituisce un valido supporto terapeutico, dal momento che permette di condividere insieme ad altri la propria problematica, in un clima di comprensione e conforto reciproco. Questo clima di familiarità permette con maggior facilità di affrontare anche il tema dell’origine del proprio disturbo o problematica. Spesso nei gruppi di auto-aiuto per tossicodipendenti e alcolisti è proprio il supporto del gruppo a rendere più accessibile il cambiamento.
Alcuni programmi di intervento per abusanti prevedono il raggiungimento di una serie di obiettivi specifici del trattamento di gruppo:
· la responsabilizzazione personale per il proprio comportamento sessuale;
· l’incremento della capacità di prendere decisioni adeguate;
· l’accettazione delle regole sociali;
· il passaggio ad un uso meno strumentale del potere e del controllo nelle relazioni interpersonali;
· lo sviluppo di una sessualità sana nelle relazioni tra pari;
· una maggiore consapevolezza delle problematiche inerenti lo sviluppo psicosessuale;
· un incremento del controllo sul comportamento impulsivo;
· un miglioramento della comunicazione e dell’espressione assertiva dei propri sentimenti e bisogni;
· la riduzione delle distorsioni cognitive riguardanti le relazioni interpersonali e la sessualità;
· una maggiore consapevolezza dei pensieri, sentimenti e comportamenti che portano al comportamento deviante.
Nel trattamento di gruppi di giovani abusanti, spesso il gruppo viene condotto da due terapeuti, un uomo e una donna, che propongono al gruppo una modalità di gestione dei rapporti interpersonali (soprattutto uomo-donna) di tipo pro-sociale. Il processo terapeutico è costituito da una serie di fasi progressive: il primo stadio, si focalizza sulla rivelazione dell’abuso sessuale e sull’analisi dei meccanismi di disimpegno morale attivati. Il passo successivo consiste nell’esame delle distorsioni cognitive e del pensiero irrazionale che supporta il comportamento deviante, con l’obiettivo di sviluppare le capacità di usare il giudizio e l’auto-osservazione prima di mettere in atto impulsi e comportamenti disfunzionali. Un punto importante, anche in questa terapia, è costituito dalla capacità di sviluppare empatia verso la vittima. Le fasi finali del trattamento sono finalizzate ad aiutare i giovani abusanti a incrementare le proprie risorse e strategie per lo sviluppo di uno stile di vita più adeguato nell’età adulta.
4.3. La terapia familiare
Nei casi di abuso sessuale infantile che si verificano nel contesto familiare – che rappresentano la maggior parte dei casi – la terapia della famiglia diventa un punto cruciale dell’intero intervento, tentando il recupero dell’intero gruppo familiare attraverso un cambiamento dei modelli comunicativi e dei giochi interattivi.
Nella terapia familiare si cerca di coinvolgere attivamente tutti i membri della famiglia in ogni momento del processo terapeutico.
Una terapia che coinvolga l’intero sistema familiare è fondamentale nel momento in cui la famiglia si ritrova e si ricompone, dopo il ritorno dell’abusante per esempio, così che tutti vengono motivati a prevenire eventuali ricadute e lavorano insieme per il superamento dei patterns relazionali disfunzionali. La terapia, inoltre, aiuta la famiglia a esplorare e a sperimentare nuovi modelli relazionali e strategie alternative di problem solving.
I passaggi fondamentali in questo tipo di terapia sono i seguenti:
· interruzione fisica dell’incesto e assunzione di responsabilità da parte dell’autore;
· definizione del problema da parte di ognuno e una sua più corretta ridefinizione;
· presa di consapevolezza e gestione delle emozioni profonde legate al trauma, in primis per la vittima, ma – in un secondo momento – anche l’analisi e l’elaborazione dei vissuti degli altri membri;
· elaborazione dei processi di negazione della vittima, ma anche degli altri;
· rivisitazione dell’esperienza traumatica, ridefinizione e ridistribuzione delle colpe e delle responsabilità;
· costruzione di un assetto relazionale nuovo e assunzione di nuovi ruoli;
· riparazione, che si presenta come una fase estremamente difficile da progettare e che pertanto va elaborata anche nelle fasi successive;
· ricomposizione della coppia parentale e intervento sulla diade madre-figlia, restituendo la responsabilità ad entrambi i genitori per attuare un recupero psicologico della figlia;
· analisi del conflitto coniugale: l’approfondimento sulle famiglie d’origine dei due partner permette di analizzare le radici del comportamento di entrambi, al fine di prospettare ad ognuno possibili comportamenti adatti a correggere le strategie relazionali inadeguate;
· lavoro sulla coppia abusante-vittima.
Dopo la fine della terapia è opportuno mettere a punto un programma di verifica che preveda degli incontri dilazionati di follow up.
4.4. La prevenzione delle ricadute come forma di trattamento
Una delle procedure più rilevanti nell’ambito del trattamento degli abusatori è senza dubbio la relapse prevention o prevenzione della ricaduta.
Tale procedura permette, da un lato, di rafforzare le abilità di autogestione da parte del soggetto; dall’altro permette agli operatori professionali di monitorare i comportamenti dell’abusante.
Alcuni modelli di prevenzione della recidiva spiegano le ricadute collegandole ai comportamenti di dipendenza da sostanze. Il processo di ricaduta inizia con l’esperienza di stress, spesso derivante da uno squilibrio a livello esistenziale o affettivo. Questa condizione, di per sé, rappresenta un momento di forte rischio e fragilità a cui si aggiungono le distorsioni cognitive e le decisioni disadattive che preparano un lapse (scivolone) e successivamente un vero e proprio relapse (ricaduta). In questi casi bisogna tenere conto delle capacità del soggetto di far fronte a questo rischio; una capacità di coping adeguata porta ad un aumento della self-efficacy, intesa come autopercezione della propria padronanza nell’affrontare la situazione in modo efficace.
Il passaggio dal lapse al relapse, nelle tossicodipendenze, è mediato da una serie di fattori tra cui:
· il problema dell’immediata soddisfazione, che consiste nel concentrare la propria attenzione esclusivamente agli aspetti positivi della tentazione, tralasciando quelli negativi;
· le inadeguate capacità di problem solving;
· il rinforzo dell’effetto bifasico delle sostanze di abuso.
Un altro elemento fondamentale di questo modello consiste nel modo in cui il soggetto interpreta e giustifica un eventuale lapse, se infatti viene interpretato con sensi di colpa e comunque in direzione di fattori interni potrebbe verificarsi una perdita di autocontrollo e una caduta nella self-efficacy, facilitando cosi il verificarsi di un relapse.
Nel campo degli abusi sessuali, il lapse può essere definito come il verificarsi di un comportamento a rischio, considerato come il primo segno prevedibile di perdita di controllo, e il relapse sarebbe invece l’attuazione di un reato sessuale vero e proprio.
Se intervengono situazioni stressanti, la sensazione di privazione e di frustrazione da parte del soggetto può aumentare, incrementando così il desiderio di abbandonarsi al comportamento proibito. Anche in questo modello intervengono poi dei fattori che facilitano il passaggio dal lapse al relapse, paragonabili a quelli precedentemente esaminati, e si possono individuare una serie di fasi che conducono alla ricaduta vera e propria, quali:
· uno stato emotivo caratterizzato da noia, ira, depressione che si presenta come un precursore emozionale negli abusanti sessuali;
· un aumento della compulsività delle fantasie a contenuto abusivo;
· distorsioni cognitive, quali le razionalizzazioni intente a minimizzare la devianza del comportamento fantasticato; queste distorsioni permettono all’abusante di percepirsi eccitato da una fantasia sessuale e soprattutto di sentirsi legittimato a realizzare un comportamento abusivo;
· la pianificazione passiva del comportamento: si parla infatti di «impulsività pianificata»;
· la messa in atto di comportamenti intesi a disinibire se stessi o l’eventuale vittima;
· realizzazione del piano o eventuale ricaduta;
· processo di valutazione cognitiva dell’abusante stesso;
· presa di decisioni future riguardo al proprio comportamento.
In questo modello devono essere considerati alcuni fattori di rischio per la prevenzione della ricaduta e per ognuno di questi è possibile ipotizzare diversi piani di intervento e trattamento:
1) fattori predisponenti, che possono essere trattati con terapie di sostegno individuali e/o di gruppo, focalizzando l’attenzione sugli elementi della storia individuale dell’abusante;
2) fattori precipitanti, trattabili con terapie comportamentali per alterare l’attivazione delle fantasie sessuali e per la costruzione di empatia con la vittima;
3) fattori perpetuanti, gestibili attraverso la ristrutturazione delle abitudini di vita, la prevenzione, la conoscenza del processo di ricaduta.
Essenzialmente, le tecniche della prevenzione della ricaduta sono altamente individualizzate e si accordano al modello di mettere in atto il comportamento sessuale tipico del singolo abusante, identificando la progressione che egli percorre fino alla messa in atto del comportamento sessuale inappropriato e, quindi, sviluppando tecniche individualizzate di monitoraggio e di modifica di tale progressione.
La prevenzione della ricaduta non si basa su categorie diagnostiche dei tipi di abusanti, ma opera sulla base del modello che considera la generale tendenza umana a ripetere schemi primari di comportamento sessuale.
Si cerca di intervenire per sensibilizzare l’abusante sugli effetti che il suo comportamento provoca sulla vittima, rieducandolo a sentimenti positivi e/o di empatia. Per poter giungere a tali risultati, è comunque necessario lavorare ad un livello preliminare tentando di ottenere una risoluzione del trauma da parte dell’abusante, nel caso in cui egli stesso sia stato vittima di un abuso; nonché portarlo a sperimentare nuove emozioni, poiché molto spesso questi soggetti hanno a disposizione una gamma limitata di sensazioni; infine, cercare di ridurre e ridimensionare le distorsioni cognitive relative all’abuso.